lunedì 10 giugno 2013

pensierino del giorno-25/05/2013

addio è una parola che si pronuncia raramente. visto che si tende a essere possibilisti e forse pure lievemente venati d'ottimismo, ci viene difficile pensare che nel resto della nostra esistenza non vedremo mai più una persona, fosse anche solo per un caso, un accidente, una coincidenza che ci porta a ritrovarci a distanza di anni dall'ultima volta.
e nei posti si può sempre ritornare, per quanto siano lontani e per quanto possa essere difficile e costoso e raggiungerli. loro non si muovono, magari muteranno col passare del tempo, però ci aspetteranno fedeli come un cagnolino proprio dove li abbiamo lasciati.
per queste ragioni suona meglio arrivederci, più vicino alla verità, a quello che effettivamente pensiamo, e cioè che prima o poi, laddove lo si voglia, si farà in modo di vedersi ancora. arrivederci o una delle perifrasi che usiamo in sua vece, poco cambia.
quello a cui dobbiamo veramente dire addio è quello a cui non ci rivolgiamo mai perchè non lo percepiamo come un'entità fisica, non lo tocchiamo, non ci parla, non ci camminiamo attraverso, non si è aperto a noi accogliendoci per un determinato periodo di tempo, niente di tutto questo, eppure è stato sempre presente e anzi è stato il fattore chiave della nostra felicità: la situazione.
prendere alcune persone, collocarle in un dato luogo, conferire a loro le condizioni x. questo brodo di vite, questo frullato di esperienze, costruisce la cornice dentro alla quale dipingiamo una parte di noi. ed è proprio quella che l'indomani non ritroveremo e che sarà impossibile ricreare alla perfezione, magari imitarla, ma siamo in continuo mutamento e non è di questo mondo replicare un istante uguale al precedente, così come non esistono due fiocchi di neve uguali.
panta rei.
tutto scorre veloce, non solo l'acqua dei fiumi che leviga i sassi dei nostri attimi, anche il suolo ci sfugge da sotto i piedi e sembra scappare lontano, dopo aver lasciato la sua impronta nei nostri ricordi. bisogna scattare un'istantanea e farla bella nitida, coi colori accesi e vivaci, i contorni definiti, i dettagli bene in evidenza, in modo tale che non sfugga niente e che sia possibile rituffarcisi dentro ogni tanto, quando la si vuole riassaporare.
a questo punto il mondo si divide in due scuole di pensiero: chi ha paura del domani si preoccupa di evitare traumi e quindi si appiattisce, cerca di rendere il trapasso indolore, per poter poi dire che in fondo non è cambiato più di tanto.
gli altri invece salgono la scala di qualche altro gradino e poco importa se l'impatto col suolo sarà più doloroso, se lascerà delle cicatrici che non se ne andranno, se il tempo di guarigione sarà più lungo. un semplice sì alla domanda ne è valsa la pena giustificherà tutto.
quando scoccherà l'ora, si potranno girare i tacchi e iniziare piano piano ad allontanarsi, consapevoli di non esserci impoveriti per aver perso qualcosa, bensì arricchiti per averlo vissuto.

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