mercoledì 11 maggio 2016

pensierino del giorno-04/05/2016

Curiosamente, non ricordo quale fu il primo anno nel quale salii a Superga per la commemorazione del Quattro Maggio. Negli anni precedenti erano stati organizzati eventi in città e a quelli avevo partecipato, senza andare su fino al colle.
Quello che mi rimase impresso nella mente, però, fu lo straordinario senso di lutto che ancora aleggiava, nonostante fossero passati quasi sessant'anni. In un'atmosfera molto piemontese, la gente parlava poco, e quando proprio doveva tendeva a bisbigliare, come se fossimo all'interno di un luogo sacro; invece ci trovavamo fuori dalla basilica, sul terrapieno  che guarda il lato delle campagne, dal quale non si vede la città. Pare d'essere spersi in mezzo al nulla, ma basta fare pochi passi nell'altra direzione per rendersi conto che Torino si stende ai suoi piedi.
Non c'erano molte persone, quella prima volta. Un numero giusto, del resto la commemorazione avviene rigorosamente il giorno quattro del mese di maggio, senza che conti in quale giorno della settimana cade, e non tutti riescono ad avere il pomeriggio libero. Intorno alle sedici inizia la messa, poi tutti quanti si spostano fuori per la lettura dei nomi dei caduti da parte del capitano della squadra. Non si facevano cori, la presenza dei giocatori a stretto contatto con la gente era vista come normale; l'intera commemorazione si svolgeva all'insegna della compostezza. Si arrivava in silenzio e in silenzio si tornava alla propria vita di tutti i giorni.
Da qualche anno, purtroppo, sono avvenuti dei cambiamenti: è diventato quasi un fenomeno di massa, tanto da richiedere la presenza di appositi elementi dotati di pettorine color evidenziatore, forze dell'ordine in gran numero, nonché paninari pronti a cogliere l'occasione di lucro; soprattutto, quello che è cambiato di più, è lo spirito dei partecipanti, che sembra vadano a una festa, a una sorta di giornata dell'orgoglio identitario, fanno foto coi giocatori, li acclamano, insomma i caduti del 1949 finiscono quasi per passare in secondo piano.
Superga non è più la stessa.
Magari hanno contribuito anche il sole che negli ultimi anni è arrivato a illuminare una giornata tradizionalmente uggiosa, con un clima che rispecchiava fedelmente lo stato d'animo dei torinesi.
Siccome sento che sto diventando, lemme lemme, un vecchio barbagianni, preferisco evitare la polemica frontale e sfilarmi silenziosamente da qualcosa che non mi rappresenta più e da persone con le quali mi lega solo il colore della maglietta.
Lascio ad altri questa nuova forma di ricordo, io provo maggior piacere nel celebrare in maniera intima e personale la giornata, come l'ho sempre intesa. Tra le 17.04 e mezzanotte vado su, davanti alla lapide che ricorda la più grande tragedia della storia dello sport italiano, e forse mondiale. Resto in silenzio a fissarla per il tempo che ritengo necessario, poi imbocco la strada di casa.
Bacigalupo
Ballarin
Maroso
Castigliano
Rigamonti
Grezar
Menti
Loik
Gabetto
Mazzola
Ossola

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